Giampietro De Angelis, autore de “Il Silenzio degli Invisibili“, edito da Mauna Loa Edizioni, nel rispondere alla nostra intervista ci parla di sé, dell’arte di scrivere e della sua opera, in cui si mescolano narrativa e autobiografia, in uno stile affascinante e coinvolgente. Giampietro De Angelis è membro fondatore di Omnibus Omnes, associazione che si occupa di tematiche legate ai diritti umani, problematiche sociali, la salvaguardia culturale dei popoli indigeni. Sua è la rubrica “Vuoti e Pieni” che redige per Il Graffio.online. Per l’editore Mauna Kea ha curato l’edizione per Easy Reader, collana ad alta leggibilità di Mauna Kea, di “Le avventure di Pinocchio” di Collodi, “Le mie prigioni” di Silvio Pellico, “La novella del buon vecchio e della bella fanciulla e altri racconti” di Italo Svevo.

1)Presentati, parlaci di te. Chi sei quando non scrivi?
Sono Giampietro De Angelis. Faccio parte piacevolmente della terza età, se consideriamo l’età secondo gli schemi convenzionali. Questo significa che molte cose sono state fatte nel corso dei decenni trascorsi, dal lavoro alla famiglia, dagli hobby agli interessi culturali. Viene il momento in cui ci si chiede “cosa resta”, ovvero cosa arriva all’altro, cosa viene percepito e ricordato da chi ci vive vicino e da chi intercettiamo nel cammino dell’esistenza. Questo spiega, in parte, il bisogno di scrivere. Quando il computer è spento, c’è “Il grande fermento”: le idee cercano spazio per prendere una forma ed aiuta il passeggiare lungo la riva del nostro mare Adriatico, così come il tenere in ordine il prato. Quando non scrivo, cerco di mantenere la curiosità per le cose e le persone. Il che significa spazio a ciò che non è stato fatto, a nuove letture, a persone da conoscere o da rivedere. Pratico attività sportiva leggera, come il Nordic Walking, e mantengo un legame con il mondo olistico. In passato sono stato un attivista assiduo di yoga e meditazione, oggi maggiormente di contemplazione e cura di sé a livello interiore.

2)Quale dei tuoi hobby pensi che sorprenderà i tuoi lettori?
Potrebbe sembrare strano e forse non è stupefacente, ma l’hobby preferito è quello che mi porta a contatto con la natura, quindi la campagna: potature, il taglio dell’erba, la manutenzione del giardino. Potrebbe sorprendere maggiormente l’antica vocazione alla recitazione che mi porta, di tanto in tanto, a risalire su un palcoscenico. Stessa cosa per la pittura che resta il luogo dell’anima anche se oggi è scarsamente praticata.

3)Quando e come è nata la tua passione per la scrittura?
La passione risale all’adolescenza, come “cura” o forse fuga dal dolore del vivere che – per strano che possa sembrare – nell’età giovanile può essere devastante. Con il tempo, fortunatamente, le cose sono cambiate. La scrittura è diventata più matura e non più un’esigenza psicologica, piuttosto è il celebrare la bellezza creativa e comunicativa. Si scrive per desiderio di condivisione, per esplorare, per “esserci” tra i simili con i quali occorre imparare a rapportarsi, e non è mai abbastanza efficace. Ci sono molti modi per scrivere. Lo si fa con i propri libri e quelli curati, ma anche con le recensioni, le riflessioni e le proprie considerazioni, come quelle che elaboro e vengono inserite nelle rubriche de “Il Graffio.online”. Talvolta anche il semplice appunto è scrittura, perché coinvolge il proprio mondo che si raccoglie per concentrarsi su una singola frase.

4)Che cosa scrivevi all’inizio? Sei stato incoraggiato da qualcuno e se sì, da chi?
All’inizio era soprattutto la poesia, poi brevi novelle sotto lo stimolo di certe letture, in particolare Guy de Maupassant. Non parlerei di incoraggiamento esterno. Tutt’altro. All’inizio, come sopra accennato, era impellente un bisogno di salvezza, con la scrittura e la pittura, allora praticate in egual misura.

5)Spiegaci il titolo del tuo libro
Il titolo del mio romanzo è “Il silenzio degli invisibili”. Potrebbe sembrare la via della sconfitta e un percorso emarginante. Dal mio punto di vista è quasi l’opposto. La base della riflessione risiede nella consapevolezza di se stessi. Per quanti sforzi e operatività ognuno di noi può mettere in campo, resta un sommerso che risiede nell’inconscio. È questo sommerso – in buona misura sconosciuto anche a noi stessi – che è generatore di azioni, pur continuando a restare “invisibile”. È in quel “silenzio” – chi pratica la meditazione sa bene di cosa sto parlando – che c’è la magia del tutto. Siamo tutti sostanzialmente degli invisibili anche quando formalmente in vista o al centro dell’attenzione.

6)Cosa ha ispirato l’ambientazione del tuo libro?
Inizialmente e concettualmente la narrativa americana contemporanea, con quello stile asciutto e moderno di descrivere emozioni e vita. Mi riferisco ad un John Fante, ad esempio, ma non solo. Poi, più praticamente, l’osservazione del quotidiano: gli scogli incontrati nelle passeggiate solitarie, l’incontro con un cane, le colline distanti che facevano riaffiorare i ricordi dell’infanzia.

7)Quale parte del tuo libro ti ha dato il momento più impegnativo?
Essendo un romanzo che attinge molto alle proprie esperienze di vita, le parti più difficili sono state quelle dove dovevo, per amore di scrittura, mantenermi distaccato dalle emozioni, pur rievocandole e descrivendole: quelle della morte del padre, per citare un esempio. Una morte che ha cambiato inesorabilmente il corso della mia vita.

8)Il tuo libro ha subito cambiamenti significativi rispetto alla prima stesura?
Fortunatamente no. Se parliamo della bozza, ci sono state due fasi, dove la seconda è soprattutto un ampliamento della prima. Dalla consegna del manoscritto all’editore alla sua pubblicazione le modifiche sono quelle tecniche funzionali, non sostanziali.

9)Quali sono gli elementi della scrittura più importanti per te?
Scrivere ha più fasi. C’è quella dell’idea che inizialmente fa fatica ad emergere e che, come in questo caso, ha poi avuto un impulso improvviso e frenetico. C’è la fase in cui “si butta giù” senza troppa cura della forma, per non perdere l’immediatezza e la freschezza dei contenuti. C’è la revisione ed è la parte che richiede più tempo ed attenzione. Tutti quelli che scrivono sanno che viene il momento in cui si decide di non rileggere più: si rischierebbe di continuare a modificare ed aggiustare all’infinito. La fase più bella è quella iniziale, piena di brio quasi esaltante, tuttavia non potrei mai rinunciare a quella della “cura” del testo che va amato, migliorato, rivisto da più angolazioni. Il testo diventa vivo, una creatura da amare ed accudire con riguardo.

10)Come porti emozioni nelle tue scene?
L’emozione, necessariamente, va rivissuta in sé. Talvolta è doloroso, altre eccitante, ma sempre stimolante. Rivivere emozioni apre nuovi mondi: si comprendono le dinamiche a distanza di tempo. Questo è indispensabile per poterle descrivere con parole. Però, come dicevo sopra, occorre saper momentaneamente distaccarsi per non lasciarsi travolgere.

11)Cosa diresti per invitare alla  lettura del tuo libro?
Ognuno ha una vita preziosa e ricca, anche quando non se ne ha la percezione, per via di quella “invisibilità”. Leggere un libro come il mio aiuta a rivedere se stessi, a dare un senso a tante proprie scelte. Leggere non è solo cultura, è soprattutto riconoscere la propria storia all’interno di altre storie, è il percepire il Sé. Non è poca cosa. Per quanto mi riguarda, direi che è molto.

12)Uno scrittore è prima di tutto un lettore, che genere prediligi?
Ho accennato prima alla letteratura del novecento, soprattutto americana. Salinger mi aprì gli occhi, esattamente sul senso dell’invisibilità. Il protagonista era per gli altri esattamente quello che non era nel suo profondo. A parte la letteratura americana e quella moderna italiana, ho amato – e molto – i classici francesi dell’ottocento e quelli russi: senza questi capolavori è difficile poter dire cosa significa esprimersi con la scrittura.

13)I social media hanno un ruolo importante per te come scrittore?
Faccio ancora fatica a comprendere ciò che è bene e ciò che non lo è con “social media”, ma reputo che non si può ignorarne la potenzialità comunicativa. Tuttavia non hanno un ruolo prioritario.

14)Cosa diresti a un autore che vuole pubblicare il suo primo libro?
Non deve pensare che potrà avere fortuna commerciale, un autore deve credere alla qualità del prodotto.  Occorre l’idea nuova e soprattutto la dedizione.

15)Cosa pensi che dovrebbe cambiare o migliorare nel settore editoriale?
Se penso che moltissimi capolavori indiscussi hanno impiegato anni a farsi accettare da un editore, direi che occorre più lungimiranza. Meno marketing applicato sulle mode del momento e più capacità di visione.


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Un pensiero su “Interviste con gli Autori: Giampietro De Angelis e Il Silenzio degli Invisibili

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