Nella sua prima edizione in italiano, The Middle Five, “I Cinque di Mezzo”, è considerato un classico della letteratura dei Nativi Americani, uno dei libri più apprezzati come autentica fonte di informazione sulla cultura indiana, e che possono essere raccomandati a tutti i lettori anche giovani, come utile correttivo all’immagine spesso distorta della vita indiana che si vede nei film, nei fumetti e in televisione. È un racconto semplice e toccante di giovani ragazzi indiani a metà strada tra due culture, riluttanti ad abbandonare le abitudini dei loro padri, e perplessi e a disagio nel loro nuovo ruolo di “uomini bianchi per finta”. Si tratta del resoconto della vita di Francis La Flesche come studente in una scuola missionaria presbiteriana nel nord-est del Nebraska, all’incirca al tempo della Guerra Civile. Scrive La Flesche: “In quest’opera, in una serie di ritratti, voglio presentare i miei compagni dei giorni di gioventù, specialmente ai ragazzi della razza che si è impossessata della terra dei miei padri”. Le vicende dei collegi indiani, boarding schools, spesso si sono concentrate sugli abusi, sulla rimozione forzata delle credenze e dei simboli culturali e sulla rottura degli alunni con la loro identità di Nativi Americani. Sebbene questi fattori siano senz’altro in gioco nel memoire di Francis La Flesche, quest’opera presenta un punto di vista diverso.

Autore: Francis La Flesche
Curatore: Raffaella Milandri
Titolo: Racconti di Nativi Americani:
I cinque di mezzo. Ragazzi indiani a scuola

Pagg: 148
Lingua: italiano
Formato: 14×21
Copertina: plastificata lucida
Prezzo: 18,00 euro
Edizione: prima edizione 2024
EAN/ISBN: 978-88-31335-49-2

Disponibile anche in ebook: Formato: Epub con Adobe DRM
Prezzo: 9,99 euro
EAN/ISBN: 978-88-31335-50-8

Francis La Flesche (Omaha, 1857-1932) è stato il primo etnologo professionista nativo americano; ha lavorato con la Smithsonian Institution ed era specializzato nelle culture Omaha e Osage. Collaborando come traduttore e ricercatore con l’antropologa Alice C. Fletcher, La Flesche scrisse articoli e un libro sugli Omaha, e diversi lavori sugli Osage. Di origine Omaha, Ponca e francese, La Flesche era figlio del capo Omaha Joseph La Flesche (noto anche come Iron Eye) e della sua seconda moglie Ta-in-ne (Omaha). È cresciuto nella Riserva Omaha in un momento di grande transizione per la tribù. Prima dell’istituzione dei programmi di antropologia, La Flesche si è laureato e ha conseguito un master presso la George Washington University Law School di Washington, D.C. La sua vita professionale si è svolta tra gli americani europei.
Il curatore: Scrittrice e giornalista, Raffaella Milandri, attivista per i diritti umani dei Popoli Indigeni, è esperta studiosa dei Nativi Americani e laureata in Antropologia. È membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe in Louisiana e della tribù Crow in Montana. Ha pubblicato oltre dieci libri, tutti sui Nativi Americani e sui Popoli Indigeni, con particolare attenzione ai diritti umani, in un contesto sia storico che contemporaneo. Si occupa della divulgazione della cultura e letteratura nativa americana in Italia e attualmente si sta dedicando alla cura e traduzione di opere di autori nativi. Tra le sue opere ricordiamo “Nativi Americani. Guida alle Tribù e alle Riserve Indiane degli Stati Uniti” (Mauna Kea, 2021), una opera completa e aggiornata sul mondo delle tribù indiane oggi.

ESTRATTO: Poiché l’obiettivo di questo libro è quello di rivelare la vera natura e il carattere del ragazzo Indiano, ho scelto di scrivere la storia dei miei compagni di scuola piuttosto che quella degli altri amici, ragazzi che conoscevano solo la vita originaria del nostro popolo. Ho fatto questa scelta non perché le influenze della scuola alterino le qualità dei ragazzi, ma perché possano apparire in condizioni e con un abbigliamento familiare al lettore. La pittura, le piume, le vesti e gli altri accessori che compongono l’abbigliamento dell’Indiano sono segni di barbarie per l’Europeo, e chi li indossa, per quanto possano essere appropriati o rappresentativi per se stesso, trova difficile rivendicare una appartenenza alla comune natura umana. Quindi, anche se l’uniforme scolastica non ha cambiato coloro che la indossavano, in questo caso, può aiutare questi piccoli Indiani a essere giudicati, come gli altri ragazzi, solo per quello che dicono e fanno.
Non è mia intenzione fornire nelle pagine seguenti una storia completa con un eroe ma, in una serie di ritratti, presentare i compagni dei miei giorni di gioventù ai ragazzi della razza che si è impossessata della terra dei miei padri.
Questa premessa è reale, perché tutti i ragazzi che appaiono in questi ritratti sono realmente vissuti e hanno avuto un ruolo negli episodi qui riportati. Ogni piccolo protagonista, compreso lo scrittore, ha fatto il suo ingresso sul palcoscenico della vita nel “tee-pee” o nella capanna di terra a forma di cupola; infatti, negli anni in cui siamo nati noi ragazzi, solo le abitazioni indigene erano in uso tra il nostro popolo, la tribù degli Indiani Omaha. Come tutti i neonati di innumerevoli generazioni nella linea della nostra stirpe, anche noi abbiamo dovuto attraversare il periodo della culla, mentre le nostre ossa “maturavano”, come dicono gli Indiani, e diventavano abbastanza forti da sopportare il peso del nostro corpo. Quando finalmente le nostre madri ci davano la libertà di gattonare e sgambettare, prontamente usavamo questa libertà per fare ogni sorta di pasticci, mentre esploravamo il nuovo e meraviglioso mondo in cui ci trovavamo.
Tra i miei primi ricordi ci sono le lezioni in cui ci veniva insegnato il rispetto e la cortesia verso i nostri anziani; a dire “grazie” quando si riceveva un regalo o si restituiva un oggetto preso in prestito; a usare il termine appropriato e conveniente alla relazione o parentela che si aveva quando si parlava a un altro; a non rivolgersi mai a nessuno con il suo nome proprio; ci veniva anche proibito di passare davanti alle persone sedute nella capanna senza aver prima chiesto il permesso; e ci veniva rigorosamente raccomandato di non fissare mai i visitatori, in particolare gli estranei. Sembrava che non ci fosse fine alle cose che eravamo obbligati a fare e a quelle che dovevamo evitare di fare.


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2 pensieri su “Racconti di Nativi Americani: I cinque di mezzo. Ragazzi indiani a scuola di Francis La Flesche

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